sabato 30 novembre 2013

Superquark #1: Sorelle Fontana

Venerdì sera. 
E sono a casa. 
Non chiedete perché. 




Di studiare non c'ho voglia ed è tutta la settimana che ho dei flash riguardo a dei post fighi da fare. 
Tipo. 
Tipo le basi ragazze, le basi! 
Io sto qua a parlarvi del pied de poule e della dignità di ognuna di noi, del diritto che abbiamo a essere carine/i anche col freddo glaciale artico avvolti in trendissimi duvet... e voi manco sapete cosa sia il duvet! 
O il pied de poule! 
Per dire. 

Mancano le basi, insomma. 
Ma le basi BASI.
Quando dico Schiaparelli, sento il vento dell'Est e il rumore del Nulla che avanza come nella Storia infinita. 
Ecco dunque che ho deciso di inaugurare la rubrica Superquark con le nozioni fondamentali da sapere, perché non si può vivere tutte di Louis Vuitton e (dio mio come sono caduta in basso) Mia bag. 

Inizio con un marchio che è un pilastro della moda ossia le Sorelle Fontana, vi avverto che se il nome non vi è neanche lontanamente familiare beh andate almeno a guardarvi in streaming la miniserie con la Mastronardi (sì, quella dei Cesaroni per capirci) fatta dalla Rai qualche anno fa. 
E se anche la Rai ci ha fatto una miniserie beh, sarà tanta roba no? 

Le Fontana (Micol, Zoe e Giovanna) erano tre sorelle della provincia di Parma unite dalla passione per il mestiere sartoriale. Negli anni Trenta Zoe, la maggiore delle tre decise di trasferirsi a Roma per poter ampliare le proprie prospettive lavorative e di realizzazione personale, portando con se dopo pochi mesi anche le sorelle minori. 
A Roma i primi tempi furono difficili e le tre dovettero naturalmente adattarsi a lavorare alle dipendenze di altre sartorie, ma nonostante ciò le ragazze riuscirono a ritagliarsi nel tempo libero dal lavoro dei momenti per delle commissioni extra, riuscendo piuttosto rapidamente a crearsi una clientela, un piccolo gruppo di signore e vicine di casa che si affidavano a loro per farsi confezionare qualche abito su misura. 
La bravura delle Fontana e la qualità dei capi, il taglio e la vestibilità perfetti le portarono subito a essere conosciute tra le signore della borghesia romana, fama che permise loro di aprire una propria maison a Roma nel 1943 in piena Seconda guerra mondiale.  
Le collezioni proposte, decisamente meno vezzose di quelle proposte dai francesi, erano però sobrie ed eleganti e cominciarono ben presto ad essere apprezzate anche dalle first ladies, dalle attrici e dalle principesse romane che indossavano abiti Fontana alle serate di gala, portando così ogni volta nuove clienti.
Dalla clientela borghese, il passo verso i nuovi ricchi ossia star e starlette del cinema italiano e americano fu dunque breve: i paparazzi e i primi cinegiornali fecero il resto, consacrando le tre sorelle nell'olimpo dell'alta moda. 
La consacrazione effettiva avvenne però nel 1949 quando le Fontana realizzarono l'abito da sposa per l'attrice Linda Christian che proprio quell'anno si sposò con Tyrone Power a Roma: le nozze furono un vero e proprio evento mediatico e il nome delle tre sorelle finì su tutte le riviste, consacrando per l'ennesima volta il marchio italiano e creando il mito degli abiti nuziali Fontana, un vero e proprio cavallo di battaglia per la maison che continuò a proporre anche collezioni dallo stile sobrio e originale, utilizzando tessuti stampati e combinandoli con figure particolari, abiti dai corpini aderenti e gonne a ruota. 
Con l'acquisita popolarità vi fu negli anni Cinquanta anche un trasferimento dell'atelier in piazza di Spagna, frequentata da celebrità come Ava Gardner e Audrey Hepburn, Jackie Kennedy e Grace Kelly e la conquista del pubblico americano, le commissioni dal cinema e i viaggi oltreoceano. 
La prima collezione prét-à-porter è però del 1951, le sorelle Fontana iniziarono poi a commercializzare anche borse, scarpe e abbigliamento da uomo, ritirandosi poi dalle scene nel 1972. 
Gli anni seguenti la maison fu venduta a un gruppo finanziario straniero, e nel 1994 fu istituita la Fondazione Fontana che raccoglie l'archivio storico delle loro creazioni e alcuni modelli. 
Ancor oggi, le Sorelle Fontana sono sinonimo di Made in Italy, di sobrietà ed eleganza e i loro modelli sono stati d'ispirazione per i successivi Valentino, Armani (e molti altri, aggiungereri io).







   



Audrey Hepburn abito Sorelle Fontana www.micolfontana.it






 



 







 





Tipo che la prossima volta che vado a comprare qualcosa, invece di guardare il colore e il prezzo, guardo come mi sta, le proporzioni, l'effetto ottico e tutte quelle cose lì. 
Tutti quei criteri che seguirebbe mia nonna, insomma. 
Tipo. 



Credits - enciclopediadelledonne.it 














domenica 24 novembre 2013

Pro-memoria a quell'arteriosclerotico di Babbo Natale


Ciao Babbo, non avrò mai nessuna di queste cose (modalità occhioni da piccola fiammiferaia che poveriina ON), quindi magari se tu potessi metterci una buona parola coi miei, beh it would be very very very nice of you! 
Tanti Quori, se lo fai, Santa.

Basta con questi post ce mi fanno solo sentire più poraccia... 
Meno male che c'è Polyvore così almeno mi sfogo! 


Hi Santa, it's almost Christmas


giovedì 21 novembre 2013

Coin oxfam e il mio amico Murphy

Odio non vivere più in città. 
E dover frequentare l'università da pendolare con tempi sempre tirati (a Trento, per giunta, che di città ha proprio poco dato che come dicono tutti, Trento è un paesone).
Giusto per confermare la teoria dell'altro post sulla legge di Murphy, io che volevo comprarmi una felpa trendy senza cappuccio (IO! che dai tempi delle superiori non ho mai indossato altro che felpe col cappuccio, le hoodies da dura proprio! Cioeh io senza cappuccio mi sentivo nuda) e ho tentennato per settimane su Asos fino a capitolare su Sheinside (per la cronaca, andate a darci un'occhiata che merita e ci sono un sacco di cose carine a prezzi stracciati!) ecco che appena ordino una felpa (non è ancora arrivata e per scaramanzia non ve la mostrerò, non ancora), che succede? Ovviamente esce la limited edition di Coin con Oxfam, un'iniziativa benefica in cui alcuni stilisti hanno creato una felpa che verrà viene venduta negli stores dal 14 novembre a soli 45 euro e il ricavato verrà devoluto ad Oxfam (un applauso per il tempismo ma qua, tra lo studio matto e disperatissimo non ho avuto il tempo di fare nulla).
Sapete che io adoooro queste collaborazioni, e adoro il fatto di poter unire l'utile al dilettevole acquistando queste limited edition con prezzi comunque dignitosi alla portata di tutti. 
Resta il fatto che io la mia felpa (UNA, per il momento, dato che il mio guardaroba è abbastanza statico per via di variazioni forme/colori, sia mai che tra 10 anni io mi riveda nelle foto e pensi che negli anni Dieci del 2000 fossi sotto sostanze psicotrope per aver accettato di indossare cose tipo felpe con unicorni strafatti o leggings con fantasie galaxy, quindi calma e gesso iniziamo con una felpa cheppoi magari vediamo se comprarne delle altre) l'ho già comprata su Sheinside e con sti tempi di crisi non so se mi va di spendere altri danari per una felpa, e oltre a ciò dobbiamo sempre tenere a mente che io abito ancora in una valle sperduta ai piedi delle Dolomiti. 
Mi sembra superfluo ricordare che qui Coin non c'è e che il Signor Coin ha pensato bene di non aprire un negozio neanche a Trento, quindi stacippa passaparola anche la felpa. 
Però per tutte voi che magari abitate in città e potete vederle e toccare con mano può essere una bella occasione per portarvi a casa una felpa di Etro o di Moschino. 
In attesa di trasferirmi un giorno a Milano o in una città più fornita di tutte queste interessanti carabattole, mi accontento di guardarle sullo schermo. 

Per inciso, io avrei preso quella di Etro o della Ferretti (sbav!).




Dall'alto a sinistra, in senso orario Etro, Missoni, Spadafora, Ferretti, Moschino.


giovedì 14 novembre 2013

Ma devo proprio dirvi tutto io

Non sono una grande estimatrice dei fake, in nessun caso. 
Preferisco acquistare direttamente qualcosa di lontanamente simile ma che comunque mi piace ed è di qualità, piuttosto che spendere dei soldi per delle copie scadenti (non è svilente?). 
Detto questo, comprendo anche tutte coloro che sbavano sulla it bag del momento e non potendo permettersi di acquistare quella vera, cedono alla versione cheap. 
E qui si apre un mondo. 
Primo. perché ci sono MILIARDI di varianti a volte davvero davvero davvero oscene. 
Secondo. perché molto spesso le copie delle it bags che vediamo nei grandi stores tipo H&M vengono ovviamente acquistate da un sacco di persone che ignorano bellamente che ciò che stanno comprando è magari una riproduzione (pessima, decente o molto buona) di un modello di un noto stilista. 
Ho visto copie dignitose della Falabella di Stella Mc Cartney adagiate su spalle di battone ragazze dal look discutibile. 
Per non parlare di una bellissima riproduzione di una Peekaboo di Fendi color carta da zucchero abbinata a casaccio su una sciattona. 
Non è giusto. 
Soffro quando vedo queste cose.  
Non capisco come certe persone analfabete in fatto di buon gusto riescano ad entrare in possesso di siffatte borse. 

Comprereste una Mia Bag, se sapeste che è di Corona quel Corona?
Beh io no. 
Non la compro lo stesso perché la borchia a forma di teschio mi disgusta un attimino, però se mi piacesse credo che ci rifletterei un po' prima di acquistarla.
Quindi donne, uomini, TUTTI, prima di comprare una borsa informatevi. 

Ma se siete alla ricerca di qualche prototipo di borsa, ecco qualche spunto che spero possa esservi utile (anche perché ammetto che la fortuna di molte delle it bags dura solo per un paio di stagioni, quindi non c'è nulla di male nel volersi togliere lo sfizio di possedere una riproduzione di un tale modello senza spendere una fortuna ehehe!) se non altro per capire un po' quali sono i brand che propongono cosette carine.



Cheap bitches


In attesa della borsa della vita. 


Questa. 

martedì 12 novembre 2013

La scoperta dell'acqua calda: Herno

dark funk



Se non altro per dire "quanti buoni motivi ci sarebbero per doversi comprare un cappotto di Herno". 
Che dio ti benedica, Herno.

E che dio ti benedica, direttore creativo di Herno. 

Sei un genio. 
Hai riunito cappotto e piumino insieme, combinandoli in un ibrido perfetto. 
Hai risolto l'eterno problema del cappotto bellino (che però non tiene caldo), annullando l'effetto Massimo Boldi in vacanze di Natale '84 tipico del piumino. 
Ecco il cappotto per tutti i giorni e/o per la serata invernale (e per dove sto io sarebbe una meraviglia viste le temperature artiche che si raggiungono). 
Peccato che costi UN BOTTO. 
Vista l'innovazione del modello (che in realtà avevo già adocchiato l'inverno scorso, se non erro) a me andrebbe bene pure l'Herno tarocco di Zara o Mango, che di questo passo arriverà per la FW2015, ahinoi. 
Che cosa aspetti Inditex? 
Produci sto cavolo di Herno cheap, no? 
Altro che Isabel Marant, vogliamo Herno per H&M!!

Intanto lasciatemi sognare.  


sabato 9 novembre 2013

Penny loafer. Ne avevamo DAVVERO bisogno?

Avrei potuto dare a questo post un titolo più gentile e meno fazioso di questo, come ad esempio Trend report o Trend alert: Penny loafers ma grazieaddio ho subito cambiato idea. 
Perché non mi va di essere ipocrita e solo perché una cosa viene proposta su riviste e osannata su altri blog vuol dire che è bella per forza. 
Diciamocelo. 
I penny loafers sono brutti. 
Ma brutti brutti.*




*Ok, questo è solo il mio parere personale.
Non potete però dirmi che sono oggettivamente belli.
Non quelli classici, almeno.
E non soprattutto, su un uomo.

Eppoi.
Penny loafers.
Si chiamano penny loafers perché quando andavano di moda si cominciò a diffondere l'uso di infilarvi una monetina, un penny appunto, nella fascetta davanti.

Ma perché?

Così se uno ha bisogno di spiccioli eccoli là pronti?
Ce lo vedete uno fermo al casello autostradale che si leva la scarpa per cercare di estrarre quegli ultimi 10 centesimi che gli servono per il biglietto, con tutti che gli suonano dietro e lui che suda e bestemmia cercando di tirare fuori la moneta, perché sennò tocca dargli il pezzo da 50 euro e hai voglia dopo alla macchinetta darmi il resto di un cinquantone?
Il tizio io ce lo vedrei anche, è la scarpa che è davvero agghiacciante.
Sarà pure un classico, ma lasciamola appunto a chi ha bisogno del classico o continua a pensare che siano di buon gusto, ossia: i vecchietti (mio nonno ne aveva diverse paia in vernice), i tedeschi, qualche esponente della mafia russa e Kanye West.


  
 
 
 


Dimenticavo Michael Jackson (paceall'animasua).
Devo ammettere però che sulle donne alcuni modelli non sono poi così brutti, ma sono comunque più dei mocassini che delle penny loafers, che mi sembrano comunque molto più grossolane e a mio modesto parere meno eleganti anche delle loro cugine slippers (le pantofoline, per intenderci) che a questo punto rivaluto completamente.

Briatore, fatti in là.

   


E comunque devo ammettere che il mocassino non mi dispiace, anzi sono un paio d'anni che lo studio rimuginando e cercando di capire se io sia effettivamente una tipa da mocassino. 
Ma quello leggerino, quello senza la suola grossa da Lurch della famiglia Addams. 
Quello scamosciato, non quello fatto di vernice che poi fa le pieghette orride. 
Insomma, il mocassino come dio comanda.
Perché il mocassino quello vero, quello bello, è di Tod's. 
Di Car Shoe.  
Di Geox.
Di Diego Della Valle, insomma.  





Non me ne vogliate se ho escluso quelli di Gucci che con quel morso dorato lì davanti non mi piacciono affatto, li lascio volentieri alla Charlotte Casiraghi.
Insomma dicevo,  io ne vorrei tanto un paio sul gener Tod's, non dico un Tod's vero perché dovrei vendere un rene per comprarlo - stiamo pur sempre parlando di un mocassino che non abbiamo ancora capito se il nostro io interiore sia o no da mocassino, perché i tipi da mocassino hanno molto charme, sono un po' snob ma anche stoici a resistere anche d'autunno con la scarpa senza calzino (eh sì perché il vero tipo da mocassino lo indossa solo così: rigorosamente senza calzino e io sono pienamente d'accordo), un po' cagacazzi insomma e io non sono una Audrey, una Jacqueline Kennedy e neanche una degli Elkann.  
Forse sono troppo plebea per indossare i mocassini, e con tutto quello che ho spulciato finora, posso dire di non aver ancora trovato un mocassino dignitoso sotto i 100 euro.
E se scelgo un mocassino brutto l'effetto è subito quello di mercatino delle pulci, o di Germania dell'Est. 
Anche no. 
Quindi la ricerca continua (fino a che, già lo so, arriverò a comprare le Tod's vere all'outlet, tra circa 5 o 6 anni... E per allora avrò l'età giusta per indossare il mocassino, e soprattutto per permettermelo spero. Sarò pronta). 
Fino a quel momento mi crogiolerò nelle mie ballerine, ma se avete qualche idea o proposta per dei mocassini o delle slippers carine, fate un fischio!









venerdì 1 novembre 2013

Zalando, piumini e la legge di Murphy

Se c'è qualcosa che ho capito in questi anni di scouting online di abiti, piumini, scarpe è che la legge di Murphy è assolutamente valida anche nel mondo degli acquisti  dei MIEI acquisti online.
La legge di Murphy è la legge secondo cui if anything can go wrong, it will.
Nel mio caso, it ALWAYS will.
Ormai è una filosofia di vita.
Non appena mi decido a comprare qualcosa dopo innumerevoli controlli incrociati di taglie/colori scendendo inevitabilmente a compromessi dato che magari quel preciso colore o la mia taglia non sono più disponibili, non appena clicco per ordinare state pur sicuri che il colore o la taglia del capo perfetto torneranno disponibili.
O peggio, è garantito che il numero della Nike Dual Fusion grigia e rosa tornerà disponibile su Zalando giusto il trentesimo giorno dalla consegna della Nike che ho dovuto ordinare azzurra proprio perché grigia non c'era più.
E già.
Perché oltre al dramma di avere dei piedi da gigante, devo anche sorbirmi lo strazio delle scarpe coi colori da uomo.
E credetemi che quelle da running, si vede se sono da uomo.

Comunque, ne avevo trovate un paio con dei vezzosissimi profili rosa ma appunto secondo la legge di Murphy erano disponibili in tutte le misure TRANNE la mia.
Acquistare quelle azzurre (da donna anche quelle, ci mancherebbe altro eh) è stata una decisione sofferta.
Molto sofferta.
Una volta arrivate a casa le ho messe rimesse provate e riprovate in casa con pantaloni di tutti i tipi perché non ero convinta, facendo attenzione a non sporcarle per poterle eventualmente restituire entro 30 giorni.
Quando alla fine le ho messe per uscire, ormai rassegnata all'idea che non avrei mai potuto avere quelle grigie e rosa, la sera stessa le Nike dei miei sogni e della mia taglia sono tornate disponibili su Zalando.
In promozione al 20% in meno.


Ma vaffancuore.




E quindi non posso fare il reso.
Vabbeh.
Questa è purtroppo una storia che si ripete molto spesso sempre.
Come quando ho cercato un piumino di Aspesi per mesi, amandolo da lontano e tentando di scovarlo online a prezzi dignitosi.
Quando finalmente mi sono decisa a comprarne un altro di un altro brand, ecco che esce la collezione di piumini di Dafne Maio con Alberto Aspesi per OVS a prezzi dignitosissimi.

, Verde militare, hi-res, Rosa cipria, hi-res, Nero, hi-res












Credo siano andati sold out nel giro di qualche giorno, tra l'altro.
Non sono bellissimi?
Ciao Dafne, ciao.

Non oso immaginare cosa accadrà quando mi deciderò a comprare il Montgomery che ho adocchiato alla Benetton.
Ma in quel caso ho deciso di fare alla vecchia maniera, ossia appostarmi il primo giorno di saldi davanti al negozio e al momento dell'apertura sgomitare come un rugbista.
O una vecchietta sull'autobus in città all'ora di punta.
Sia mai che secondo la legge di Murphy io cada per terra e mi rompa il femore.